L’agrivoltaico è una pratica che combina la produzione di energia solare con l’agricoltura sullo stesso terreno. Consiste nell’installazione di pannelli fotovoltaici sopra o accanto alle colture, permettendo un uso duale del suolo.

Sì, è previsto un bando PNRR, che permette di ottenere contributi a fondo perduto per il 40% della spesa sostenuta e una tariffa incentivante variabile in base all’area della sede dell’azienda e alla potenza dell’impianto.

Con una buona progettazione, l’agrivoltaico si può adattare a varie tipologie di coltivazione. Gli ombreggiamenti generati dai moduli sono utili a colture quali patate, luppolo, spinaci, insalata, fave, cipolle, fagioli, cetrioli e zucchine. Inoltre, l’agrivoltaico garantisce una resa sicura e controllata anche per coltivazioni ad alto valore economico che richiedono molta luce, tra cui kiwi gialli, kiwi rossi, mele e ciliegie. 

Le strutture devono avere un’altezza tale da garantire la continuità delle attività agricole (passaggio dei mezzi di lavoro, crescita delle piante, passaggio degli animali). Secondo la normativa PNRR, l’altezza minima per l’allevamento è di 1,3 metri, per la coltivazione di 2,1 metri. È importante valutare l’altezza delle strutture, così come la distanza tra le file dei moduli, in base alla tipologia di attività agricola.

Per normativa, l’installazione di un impianto agrivoltaico deve prevedere la reversibilità del terreno. È importante quindi che i progettisti tengano conto di questo aspetto nello stabilire quali siano le fondazioni più adatte. Tali fondazioni possono essere di vario tipo, secondo la tipologia di terreno. Ad esempio: fondazioni a vite (eliche), fondazioni a palo battuto, fondazioni mobili o zavorrate, sistemi di ancoraggio su terreni speciali.